Dipendenza e autonomia

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Come si può essere uniti senza cessare di essere due entità separate? Come essere due persone distinte senza cessare di stare in coppia?

Cominciamo da una riflessione sulla stima di sé e su un senso di fiducia che l’essere umano costruisce sin dall’infanzia. Sin dall’inizio della vita, la nostra identità ha un duplice movimento: verso l’altro per trovare amore, lontano dall’altro per affermare la propria diversità. Nell’avvicinarci cerchiamo appartenenza, nell’allontanarci, esploriamo la nostra individualità. E’ in questa tensione che si costruisce la coscienza di sé e di conseguenza si pongono le basi per una fiducia di base. E’ qui che si strutturano dei modelli di relazione che si utilizzeranno da adulti e spingeranno a ricercare i bisogni non soddisfatti, anche attraverso il rapporto con l’altro. Quando abbiamo bisogno che l’altro ci faccia sentire speciali, unici, esprimiamo una forma di dipendenza. Senza accorgersene, si tenta di soddisfare dei bisogni primordiali. All’interno di un rapporto di coppia, i bisogni individuali più profondi compaiono dopo che le illusioni iniziali appaiono leggermente infrante e la realtà inizia a far capolino talvolta anche in modo violento, perché si tratta di bisogni profondi, di difficile accesso alla coscienza, di vecchie ferite che riemergono con una valenza emozionale piuttosto urgente, ma in forma di pretese attuali verso l’altro.

Tornando alla costruzione della coscienza di sé, crescendo, l’Io si afferma a poco a poco, differenziandosi dai genitori, in seguito da tutta la famiglia, poi dalla scuola, infine dal lavoro. Ogni volta nella vita, si tenterà di adattarsi alla vita esterna e contemporaneamente di restare se stessi attraverso le relazioni umane. L’Io dell’essere umano dunque non può svilupparsi senza gli altri. Abbiamo bisogno dell’alterità per identificarci, riconoscerci, differenziarci, cioè per affermare le differenze e sposare le somiglianze. Possiamo dire che i rapporti con gli altri ci mantengono in vita e stimolano la nostra creatività, siano essi positivi o negativi, perché ci stimolano a lavorare su aspetti personali che altrimenti non emergerebbero. A contatto con l’altro abbiamo la possibilità di riconoscere alcuni nostri aspetti (emozioni, sentimenti, vissuti) anche dolorosi, stimolati dalla relazione (es. gelosia forte). Abbiamo la possibilità di lavorare su questi aspetti, di trasformarli, crescendo e facendo un grosso lavoro di indagine e ri-discussione dei perché. Abbiamo anche la possibilità di affermarci, scoprendo chi vogliamo essere. Si tratta di un percorso difficile, lungo e faticoso, nel quale ci si può mettere in gioco. E’ la ricerca di un’essenza profonda, quello che Jung definisce “Individuazione”, ovvero il bisogno di divenire se stessi, la pulsione verso l’autonomia, l’indipendenza dalla famiglia, interezza dell’essere. Ma la tentazione di arrestarsi è sempre pronta ad essere colta.Senza rendersene conto, si pensa di poter arrestare l’impegno lungo la propria strada e si delega: alla famiglia, all’immagine professionale, al partner il riconoscimento della propria identità e il potere della propria felicità. Probabilmente, così facendo ci si toglie fiducia (nelle proprie capacità), ci si spoglia del proprio potere personale e ci si illude di aver conquistato una sicurezza nella “famiglia”, nella “coppia”, in una “professione”. Successivamente magari: ci si separa, si tradisce, ci si sente delusi da un lavoro che non ripaga abbastanza. Se non ci si vuole abbastanza bene e non ci si stima a sufficienza, si cerca lo sguardo dell’altro per avere il diritto di esistere. Ma i veri responsabili della nostra vitalità, felicità e creatività siamo noi. E comunque, in un modo o nell’altro la propria originalità profonda si farà sentire: frustrazione, senso di oppressione, scarse energie, comunicazione attraverso il corpo che può esporsi a malattie. A questo punto, la dipendenza non può che apparire come un tentativo di semplificare il proprio percorso di crescita, delegando all’altro ed evitando di assumersi le proprie responsabilità.

Vorrei concludere con un’immagine necessaria a mostrare un’esigenza da tutelare. L’immagine riguarda uno scrigno privato a cui nessun altro che sé stesso può accedere, un po’ come una bambina che dopo aver scritto, chiude a chiave il suo diario segreto. Forse, da qualche parte dovrebbe sempre restare un diario segreto, reale o simbolico accessibile solo a sé stessi.

Bibliografia

Corneau Guy “L’amore possibile. Come i rapporti con i nostri genitori possono influenzare l’amore”, TEA, 2006

Telfner Umberta “Ho sposato un narciso. Manuale di sopravvivenza per donne innamorate”, LIT, 2010